Archive for marzo 2008
Sono Veltroni … ma anche Berlusconi!
marzo 17, 2008Una politica estera disgustosa
marzo 14, 2008La politica si fa con i fatti ed i provvedimenti. Si fa anche con le relazioni con gli altri stati e con la partecipazione agli organismi internazionali che stabiliscono le regole della convivenza civile. Ci sono diritti e doveri per tutti. Mentre i diritti, però, vengono giustamente reclamati, ci sono popoli che sono inclini a non rispettare i doveri.
Ci sono realtà in cui gruppi militari e politici agiscono attraverso autonome gestioni, anche in azioni di guerra e di terrorismo e disattendono le comuni regole di civiltà. Ci sono stati in cui le formazioni terroristiche non sono ufficialmente riconosciute ma tollerate nell’indifferenza persino delle comunità internazionali. Non è un mistero infatti che ci siano paesi che di fatto tollerano, fomentano e persino finanziano il terrorismo.
Il diritto internazionale e la funzione dei consessi internazionali stabiliscono regole e comportamenti attraverso trattati e risoluzioni che in modo equidistante, quanto meno nei propositi, anche se spesso ingiusto ed accomodante, servono a gettare acqua sul fuoco nelle zone ad alta intensità di conflitto. Tra le principali regole ci sono quelle relative al ripudio del terrorismo ed alla sua incontrovertibile delegittimazione come forma di soluzione dei conflitti tra Stati.
L’Italia ha sempre rispettato i trattati, ha sempre fatte sue le risoluzioni, ha sempre agito per la pace. L’ha sempre fatto nella convinzione che la convivenza pacifica non possa essere solo una scelta di campo tra i contendenti, ma soprattutto un modo di riconoscere i diritti ed i doveri di tutti.
Nella storia d’Italia del dopoguerra per la posizione strategica del Paese, per essere sede di una delle correnti religiose più radicate del mondo, nonché per la consapevolezza di un profondo sentire del Paese nelle tradizioni, nella cultura, nella civiltà, nella storia del Cristianesimo, i governi sono stati indotti ad assumere posizioni di estrema prudenza. La cautela e la diplomazia, però, non hanno mai impedito di deflettere dai fondamentali principi di civiltà. Tra questi quello che la pace si ottiene con il dialogo e la buona volontà di ciascuno, senza pregiudizi, o steccati e senza finzioni, rispettando le ragioni di tutti: soprattutto di coloro che sono colpiti da atti di barbarie e di violenza.
Non si può parlare di pace e far finta di non vedere quando nelle città, tra la popolazione, nelle scuole, tra donne e bambini, negli autobus che portano a scuola e lavoro centinaia di persone, nei supermercati, nelle discoteche, per la strada, orridamente e senza alcun senso di umanità si sterminano persone inermi.
Non si può trattare con chi nelle stesse ore in cui ci si siede intorno ai tavoli delle trattative prepara attentati e lancia razzi ed ordigni tra la popolazione civile.
Ebbene da due anni in Italia la politica estera, soprattutto per il medioriente, ma anche in occasione di alcune votazioni all’ONU, come ad esempio per l’elezione di membri dell’assemblea permanente, con Prodi e con il Ministro degli Esteri D’Alema, è stata condotta in maniera diversa e distante sia dai partner europei che dalla tradizionale collocazione e prudenza italiana.
Ed è per questa ragione, pertanto, che la dichiarazione dell’ambasciatore d’Israele in Italia rilasciata ieri all’ANSA deve far riflettere, soprattutto in campagna elettorale perché l’ignominia abbia fine:
“Chi ci invita ad aprire trattative con Hamas – ha detto l’ambasciatore d’Israele in Italia, Gideon Meir all’Ansa – in effetti ci invita a negoziare sulle misure della nostra bara e sul numero dei fiori da mettere nella corona. Fino a quando Hamas non cambierà le sue posizioni e non accetterà le condizioni della comunità internazionale, chi invita ad un dialogo con quest’organizzazione terroristica in pratica blocca il negoziato tra Israele e Abu Mazen. Il fatto che il leader di quest’organizzazione terroristica si congratuli per queste posizioni non depone a favore di chi le sostiene – ha aggiunto il diplomatico israeliano, riferendosi all’apprezzamento espresso dal leader di Hamas, Ismail Haniyeh, per le dichiarazioni del ministro degli Esteri italiano – La pace – ha proseguito Meir – si fa sì con il nemico, ma con un nemico che desidera la pace e la convivenza dell’uno accanto all’altro. La posizione di Hamas è nota e non è cambiata. Non sono disposti a riconoscere il diritto di Israele ad esistere e non sono neanche disposti a parlarci. I loro leader continuano ad invocare la distruzione dello Stato di Israele. Gli inviti per un cessate il fuoco sono solo una fase del piano per completare il sogno di Hamas di distruggere lo Stato di Israele e di fondare uno Stato religioso fondamentalista musulmano tra il fiume Giordano e il Mediterraneo. E’ un peccato – ha chiosato il diplomatico israeliano – che durante il giorno di lutto per gli otto ragazzi che sono stati uccisi nella scuola rabbinica in Gerusalemme c’è chi invita ad un negoziato con barbari e assassini”.
Le politiche di pace si fanno assumendo fermezza verso coloro che disattendono la convivenza civile e non passeggiando a Beirut con dirigenti di hezbollah o sostenendo la politica guerrafondaia della Siria e asserendo il diritto dell’Iran di fornirsi della tecnologia nucleare, soprattutto quando questo Paese non fa mistero del suo uso… sul territorio israeliano.
E’ una ragione di più per auspicare la rimozione di questo governo ed il ritorno ad una maggioranza democratica e liberale che ci liberi dalle scorie e dai retaggi del veterocomunismo antiisraeliano ed antiamericano.
Vito Schepisi
La Primavera Liberale
marzo 10, 2008La primavera è la stagione che simboleggia la metamorfosi della natura. Dopo il grigiore invernale, il freddo, i venti impetuosi, il mare in burrasca, le cime imbiancate dei monti, le tempeste di neve, le piogge scroscianti, la nebbia, la primavera è come un sorriso che si apre verso l’umanità. E’ la luce che si accende in un ambiente tenuto in penombra. E la rivoluzione delle immagini, degli sguardi, degli umori.In Italia, la primavera è particolarmente sentita. E’ la stagione in cui si dispiegano i migliori propositi: sembra che riesca persino a rendere gentili anche i più arcigni misantropi! Le strade delle città si animano di persone che socializzano. Cambiano anche i colori degli indumenti. Il sole cancella il pallore e tinge di rosa la pelle dei giovani. I balconi si riempiono di fiori come tavolozze di colore pastello. Anche le campagne si riempiono di tante tonalità. Distese di verde vivo, illuminate dal sole, ricordano le tele di tanti famosi pittori. Il rosso dei papaveri si distende tra alberi e prati ed offre allo sguardo effetti stupendi. I muretti di pietra e le bordure di margherite, bianche e gialle, miste tra loro, sono cornici di pregio dove lo sguardo si incanta. Il mare che lambisce le coste con le sue sfumature di azzurro e di verde, tra i riflessi del sole e le rocce che sembrano cadere a picco sull’acqua, creano immagini di rara bellezza ed invitano tutti ad esser gentili e sognare. Anche la luna ha un aspetto diverso quando si affaccia, indiscreta, ad osservare; quando riflette i suoi raggi sui laghi e nelle acque dei mari, tra gli alberi come a spiare i segreti più intimi.In Italia poi la primavera è stupenda. L’Italia è l’angolo del pianeta che la valorizza di più: in nessuna parte del mondo la primavera è così bella, solare ed audace. Quest’anno la stagione del dolce tepore deve però all’Italia un grande favore. Deve la liberazione dalla cappa di grigiore e di tristezza che da due anni ha tolto il sorriso ai suoi cittadini. Alla primavera si chiede che scongiuri la normalizzazione del nuovo regime che la maggioranza ed il governo di Prodi ha introdotto e che Veltroni, nonostante le sue giravolte, rischia di perpetuare. Si vuole che tolga ai cittadini il fastidio di sentirsi trattati come una massa di stupidi e di numeri da gestire, sfruttare, sorvegliare, educare. E’ una richiesta insolita ad una stagione, ma è anche per questo che assume un grande spessore. Ha il valore dei sentimenti eroici di coraggio e di passione per il Paese che s’ama. E’ la richiesta che parte dalle sensazioni degli italiani verso la bellezza, il sole, la libertà, l’aria fresca da respirare, l’amore. E’ la contropartita che la primavera deve agli italiani che la scelgono sempre come la più bella stagione dell’anno.Maltrattati, beffeggiati, sfruttati, riempiti di tasse, condannati ad essere turlupinati da personaggi attaccati al potere ed alle poltrone, come parassiti che tolgono vita e sostanza alla voglia di crescere, i cittadini dell’Italia libera chiedono alla primavera di modificare lo scenario della triste quotidianità del popolo, chiedono di respingere l’attacco ai valori, alla famiglia, alla sicurezza, al lavoro, ai diritti, alla giustizia, alla salute, al coraggio ed alla libertà. La primavera non può tirarsi indietro. Questo favore oggi è dovuto. La stagione dei sogni ha l’obbligo morale di restituirci una parte della gioia e della bellezza che da sempre le offriamo: senza la terra italiana, difatti, la primavera sarebbe di gran lunga più povera. Quest’anno la festa della liberazione dalle dittature mortificanti contro l’uomo e la sua dignità, non sarà solo il 25 aprile. Ci sarà la liberazione dalle dittature striscianti del ventunesimo secolo. Sarà subito dopo il 14 di aprile quando i valori della libertà avranno il sopravvento su quelli della furbizia di camaleontici personaggi che hanno fatto dell’odio, della supponenza, del controllo capillare del territorio, come s’usa nei regimi, della delazione, della disinformazione, dello sfruttamento e dei privilegi il proprio costume di vita. La primavera farà sbocciare il pluralismo come i boccioli dei fiori, la libertà come le gemme dei frutti sugli alberi. Le opportunità, per i giovani che si affacceranno alla vita del lavoro e dell’impresa, si diffonderanno come le foglie che ricoprono di verde i mandorli, i peschi, gli albicocchi ed i ciliegi per prepararsi a ricevere i frutti di una colorata raccolta.
L’Italia liberale s’affaccia, avanza, si afferma, ed è la primavera la sua stagione ideale.
Vito Schepisi
Un Parlamento senza Mastella
marzo 7, 2008Fa uno strano effetto sapere che Mastella stia fuori quest’anno. Eravamo abituati ai suoi cambi di campo, ai suoi colpi di scena, alle sue frasi allusive, ai messaggi cifrati, alla spontaneità della sua arroganza politica. Ci sembrava che fosse un tutt’uno con la politica italiana. Anche per la famiglia, pensandoci, non sembra che sia il solo ad averla. Del resto se c’è Veltroni non si riesce a capire perché non ci debba stare Mastella! Ognuno ha il suo ruolo, recita la sua parte, assume i toni di scena, riscalda il pubblico. Ciascuno come sa fare. Sono abili sia l’uno che l’altro. Due platee diverse, due pubblici diversi, due ruoli appunto diversi. Ma due interpreti geniali, quasi unici.Ci sono più di un’analogia tra i due. Per faccia tosta sono perfettamente in linea. Si potrebbe indire un concorso ed iscriverli d’ufficio. E sarebbe davvero una bella gara! Anche per giravolte politiche sanno ben seguire il vento che tira. Ma l’eccellenza la raggiungono nell’abilità della disinformazione. Hanno l’abilità di esser convincenti nel saper dire giusto il contrario di ciò che pensano e fanno. Sanno smentirsi con abilità e fingere con mimica professionale. Dalla tragedia alla commedia dell’arte, dalla sceneggiata all’avanspettacolo, alle comiche finali, solo mutando gli abiti di scena: davvero gran classe!Quando, ad esempio, Mastella affermava di essere un fedele sostenitore di Prodi, c’era da esser certi, come se colti da un riflesso condizionato, che stesse giungendo il momento di un suo improvviso colpo di mano. Come un classico effetto da teatro!La stessa cosa è valsa per Veltroni, ad esempio. Il leader del PD se a giorni alterni dichiarava il pieno sostegno al lavoro della maggioranza di centrosinistra e di Prodi, e non faceva distinzioni di opzioni politiche tra ciò che si andava sostenendo in quell’area da Dini a Bertinotti, attraverso mastelliani, socialisti, radicali e Di Pietro, nei restanti giorni ne minava la credibilità politica e programmatica. Come in un gioco delle parti, come se presagisse che a distanza di pochi mesi dovesse accreditarsi per il ruolo sia della maggioranza che dell’opposizione, come fa ora in campagna elettorale a seconda delle circostanze. Ricorda Gassman, il compianto Vittorio Gassman: il mattatore! Se Prodi parlava di una tale coesione del centrosinistra, da potergli tranquillamente garantire la conclusione del suo mandato alla normale fine della legislatura, Veltroni esprimeva condivisione e prometteva il suo apporto leale. Dopo qualche ora, però, apriva scenari nuovi, sia programmaci che istituzionali, ben sapendo che avrebbero reso irrespirabile il clima parlamentare. Se Prodi, ancora, insisteva sulla sostenibilità del programma dell’Unione e sulla sua coerente attuazione, Veltroni scopiazzava di già, sui temi della sicurezza, sui temi delle tasse, sui temi dell’impresa, su quelli dell’economia e sui temi della riforma istituzionale, le posizioni ed i programmi del centrodestra, ponendo persino in difficoltà ed imbarazzo il premier. Il Capo del Governo in carica si è trovato a volte costretto a svolte immediate ed a correzioni di tiro, come è accaduto sul disegno di legge sulla sicurezza, poi trasformato in decreto, sulla spinta delle emergenze nelle periferie romane. Si è avuta persino la sensazione di un’Italia dalle attenzioni diverse. Se la delinquenza ed il teppismo violento toccavano le città del nord, ad esempio, è parso che per il governo l’evento potesse ritenersi tollerabile e compreso in una casistica dei tempi difficili e di un prezzo da pagare in una società dai forti contrasti. Se la stessa violenza e criminalità toccavano la Roma del sindaco Veltroni, invece, l’impressione è stata che il caso diventasse di assoluta gravità e tale da richiedere interventi immediati. Un decreto ritenuto inadeguato se richiesto dall’opposizione, mancando a parere di Prodi i presupposti per la decretazione d’urgenza, diventava invece opportuno solo sulla parola di Veltroni. Ma anche il caso della spazzatura di Napoli veniva gestito dal governo e da Prodi con molta prudente compiacenza e senza richieste di rimozione dei responsabili politici della Città, della Regione e del Governo. Sono in molti a chiedersi oggi se la stessa compiacenza ci sarebbe stata in altre città d’Italia con Sindaco e Governatore estranei al PD di Veltroni.Era bastato, così, un atto efferato su Roma, come se nel resto d’Italia le efferatezze contassero meno, perchè l’urgenza diventasse tale ed il disegno di legge del governo diventasse subito decreto. E’ così è stato per la Giustizia. Quest’ultima è parsa come un olio che scivola sui corpi dei personaggi appartenenti al PD, ma che diventa un macigno che schiaccia per altri, come Mastella, ad esempio.Altro che Pirandello! Altro che personaggi dalla personalità controversa! Quelle del centrosinistra in Italia sono parse vere e proprie comiche finali! Ora invece siamo all’avanspettacolo delle luci e dei colori dove si canta e si balla con spensieratezza. Ma i personaggi sono sempre gli stessi!Mastella è fuori ma restano Veltroni e Di Pietro, anche lui con famiglia e con l’uso personale di un partito, anche lui impegnato immobiliarmente. Senza Mastella all’ex PM gli viene a mancare la spalla, come i fratelli De Rege, dove uno dei due recitava la parte del sempliciotto.
Resta solo il dubbio dove Di Pietro se l’andrà a cercare la spalla nel nuovo Parlamento? E chi dei due sarà il sempliciotto?
Vito Schepisi
Il PD di Veltroni … ma anche di Prodi
marzo 3, 2008Se un assassino volesse riesumare la vittima del suo misfatto per tentare di farlo rivivere, mascherando così il suo delitto, diremmo che il suo è un macabro tentativo di reiterare un crimine già commesso.
E macabro allora deve essere considerato il tentativo di Veltroni di far rivivere una politica e quegli uomini che del delitto perpetrato ai danni del Paese sono impenitenti colpevoli.
L’Italia era il Paese uscito senza troppi danni da un periodo di difficoltà dei mercati. Era stata adottata una politica di rilancio che puntualmente si è resa sobria e proficua già dalla fine del 2005, per poi manifestarsi in pieno nel corso del 2006.
Solo la perfidia politica di Prodi, e la fatuità programmatica della sinistra, potevano ingrippare il motore già avviato per la crescita e per nuovi obiettivi di modernizzazione del Paese.
Gli indicatori dello sviluppo erano già pronti a mettere in moto la nostra economia. Era sufficiente completare il programma di riduzione della pressione fiscale e completare, soprattutto in periodo di ripresa dei mercati, la politica degli investimenti per dare slancio alla crescita ed all’occupazione. Erano sufficienti misure di riduzione del costo del lavoro e di incentivazione al rilancio della piccola e media impresa per riportare l’Italia ad un grado di tollerabilità e sostenibilità economica in tempi di crisi.
Sono arrivate, invece, le tasse e gli aumenti delle aliquote previdenziali proprio alla piccola e media impresa. Era, per ironia della sorte, sufficiente fare tutto il contrario di ciò che ha fatto Prodi per poter affrontare oggi l’aumento dei costi delle materie prime e le difficoltà dei mercati.
Cosa si vorrebbe fare ora? Reiterare il delitto?
In una associazione a delinquere non è colpevole solo chi materialmente si rende responsabile dell’esecuzione materiale del crimine, ma ogni componente della società del malaffare. Non è che cambiando la cupola dell’associazione malavitosa si cambiano le responsabilità dei suoi componenti. Non è quindi cambiando il personaggio politico, che del delitto commesso a danno dei cittadini si è reso colpevole, che si possa oggi aver fiducia della stessa associazione e della sua nuova cupola, e ritenerne utile e virtuosa la futura condotta.
In alcune circostanze la colpa riviene dall’ignoranza o dalla presunzione di fare del bene. Quante volte accade che nel tentativo di mutare una situazione sfavorevole ci si impegni a trovare soluzioni che alla fine si dimostrano peggiori del male? Accade perché la buona fede conduce a considerare utile ciò che si fa e gli errori sono solo frutto o di ignoranza o di casualità.
Non è questo, però, il caso di Veltroni e del PD. Già ai tempi della costituzione del nuovo partito, cioè durante la ricerca dell’individuazione teorica di un percorso comune dei ministri e dei leader dei partiti che componevano per il 70% il governo, Veltroni sosteneva soluzioni differenti rispetto a quelle adottate da Prodi. Era perciò consapevole che la ricetta del Presidente del Consiglio e della maggioranza dell’Unione era sbagliata. Ma questo non gli ha impedito di pensare soltanto a promuovere la sua persona e disinteressarsi dei danni al Paese.
Si è avuta la netta sensazione che la nascita del PD sia stata solo una soluzione improntata a creare discontinuità apparente con Prodi e la vecchia sinistra, in visibile difficoltà di immagine e credibilità. La nuova realtà, o come piace dire, il nuovo soggetto politico è stato poi la somma dei vecchi partiti di provenienza, un tempo persino poli dell’antagonismo sui valori.
L’unione di DS e Margherita è sembrata in funzione di un disegno politico di conservazione del potere, e senza che fossero chiarite le storie, gli ideali, i percorsi storici e le strategie politiche delle due anime che oggi la compongono. Le stesse che nella vecchia prima repubblica avevano spesso monopolizzato i ruoli sia di maggioranza che d’opposizione.
Le tensioni e gli ideali si sono diluiti nell’unico obiettivo della conquista della maggioranza parlamentare, in qualsiasi condizione, e solo per l’esercizio del potere. E’, infatti, difficile oggi identificare una diversa e precisa strategia politica.
Che cosa sia il PD non c’è nessuno oggi capace di dirlo chiaro!
Altro che il manifesto di Veltroni ”non pensate a quale partito pensate a quale Paese” !
Ma se non lo sa neanche lui quale Paese vuole, di chi e di che cosa dovremmo fidarci?
Non si leggono affatto tensioni ideali alla base della proposta politica del PD!
Se Veltroni è conscio che Prodi stava conducendo il Paese al declino, è lecito pensare che non ci sia stata buona fede nel suo comportamento: l’inerzia equivale alla complicità. Ma nel caso invece che non sia consapevole dei danni di Prodi è ulteriormente poco credibile ed inaffidabile.
E’ tempo di accantonare l’ipocrisia e la furbizia: uniche doti che gli riconosciamo.
E’ la stessa furbizia che si manifesta allorquando mister “si può fare” dichiara di rappresentare il nuovo. Vada per la falsità del concetto, si sa che in campagna elettorale si diffonde un overdose di mera propaganda, ma come fa Veltroni a dichiararsi nuovo quando nei due anni di scellerata gestione del governo non c’è stata occasione che sia valsa per inchiodare Prodi alle sue responsabilità verso il Paese?
Non può dirsi nuovo Veltroni sia per la sua storia che per il riciclaggio dei contenuti che esprime, ma soprattutto per essere il leader di un Partito che ha poi come Presidente lo stesso Prodi.
Vito Schepisi